Fino a circa 10.000 anni fa il
Sahara non era un deserto. Aveva un clima umido ed era popolato da diversi
gruppi umani che vivevano di agricoltura e allevamento.
Verso il finire dell’ ultima
glaciazione un innalzamento della temperatura e un progressivo inaridimento
diede inizio alla graduale desertificazione di questa grande area.
Solo pochi gruppi di nomadi si
adattarono a un clima e a un ambiente sempre più inospitale. La maggior parte
della popolazione sahariana migrò verso aree
più favorevoli dal punto di vista ambientale: la costa mediterranea , la Valle
del Nilo, l’Africa equatoriale. Da allora il Sahara rappresentò una barriera
geografica, ma anche culturale tra l’ Africa mediterranea e l’Africa nera.
 |
foto satellitare della regione egiziana. In verde la Valle del Nilo e il suo delta |
La Valle del Nilo si presenta
come lunghissima oasi al centro del Sahara. A differenza della Mesopotamia, che
è priva di confini naturali, l’Egitto è nettamente delimitato dal Mediterraneo
a nord, dal mar Rosso a est, dal deserto libico a ovest e dalla prima cateratta
(rapida) a sud, dove inizia la regione montagnosa della Nubia. La difficile
accessibilità della regione fece sì che il Paese subisse solo raramente, e
limitatamente alla regione del Delta, delle invasioni straniere. Grazie a
questa particolare situazione l’Egitto conservò una straordinaria omogeneità
culturale nel corso di tutta la sua storia plurimillenaria.
Lo storico greco Erodoto definì
l’Egitto “dono del Nilo” per
sottolineare come la storia e la civiltà di questo Paese fosse
indissolubilmente legata al grande fiume che lo attraversa. Il Nilo rispetto ai
fiumi mesopotamici ha un corso più regolare. Per 1000 km fino al delta scorre
in pianura con un dislivello minimo.
Le piogge tropicali che cadono
torrenziali dall’inizio dell’estate nella regione del corso superiore del
fiume, provocano regolari ondate di piena. Quando le acque si ritirano, il
terreno rimane coperto da un materiale ricco di sostanze nutritive, che lo
rende estremamente fertile, il limo. L’agricoltura
trovò così, lungo il fiume, un ambiente naturale particolarmente adatto al suo
sviluppo.
Le prime tracce di agricoltura
nella valle del Nilo risalgono al V millennio a.C. La svolta pare sia avvenuta
nel millennio successivo: il peggioramento delle condizioni ambientali del
Sahara fu all’origine di grandi migrazioni; l’aumento della popolazione determinò la necessità di ampliare la superficie coltivata e di realizzare, di
conseguenza, opere idrauliche capaci di ampliare gli effetti delle benefiche
piene del Nilo. La necessità di regolare le piene del fiume affinchè non
fossero né troppo abbondanti né troppo scarse , di immagazzinare le sementi e
distribuirle alla comunità; il bisogno di difendere le fertili terre nere dagli attacchi degli
abitanti delle “terre rosse”
richiesero alle popolazioni nilotiche di darsi organizzazioni coordinate ed
efficaci, a partire dalle quali sorsero villaggi, città e, infine, Stati.
Si pensa che attorno alla metà
del IV millennio a.C. in Egitto sorgessero una quarantina di piccoli regni
indipendenti. Attorno la fine del millennio l’Egitto risulta invece diviso in
due grandi regni: BASSO EGITTO,
coincidente con la zona del Delta, e ALTO
EGITTO, coincidente invece con la Valle.
LA PERIODIZZAZIONE DELLA STORIA EGIZIANA
Sappiamo che attorno al 3100 un re di nome Narmer, forse coincidente con la figura del faraone Menes, vanta di aver unificato
sotto di sé i due regni. Da questo momento si fa partire la periodizzazione
della storia della civiltà egiziana.
In realtà esistono almeno due
criteri attraverso i quali si scandiscono i circa 3.000 anni di sviluppo delle
vicende dell’Antico Egitto. Nel III sec. a.C. il sacerdote Menatone stilò una lista dei faraoni, dividendoli in trenta
dinastie a partire da Menes-Narmer fino al 343, anno della morte dell’ultimo
faraone, Nectanebo II. In realtà sull’Egitto continuarono a regnare sovrani che
si proclamavano faraoni, da Alessandro Magno fino agli imperatori romani. I sacerdoti
egiziani si rifiutarono però di aggiungere le loro dinastie a quelle elencate
da Manetone.
La periodizzazione generalmente
usata oggi dagli egittologi si basa su una suddivisione in tre grandi epoche di
unità, indipendenza e benessere, intervallate da periodi di crisi,
frammentazione statale e decadenza:
ANTICO
REGNO
|
3100-2200 a.C
|
1°
PERIODO INTERMEDIO
|
2200-2100 a.C.
|
MEDIO
REGNO
|
2100-1750 a.C.
|
2°
PERIODO INTERMEDIO
|
1750-1570 a.C.
|
NUOVO
REGNO
|
1570-1070 a.C.
|
PERIODO
DELLA DECADENZA
|
1070-31 a.C.
|
Da allora fino al 31 a.C. anno
della conquista romana, periodizza storia egiziana suddividendola in tre
periodi di unione, in cui tutto l’Egitto
si riconosce sotto la guida del faraone e periodi
intermedi (disgregazione, dominazioni straniere, guerre civili…)
La tavolozza di re Narmer
Questo oggetto, risalente circa al
3100 a.C., fu scoperto nel 1894
dall'archeologo americano Quibell e oggi è conservato al Museo del Cairo. Si
tratta di una tavoletta di pietra, alta 74 cm, che serviva per preparare il
trucco per gli occhi (il khol, una specie di rimmel). Gli egizi, uomini e donne,
amavano truccarsi.
Lato anteriore
Sul lato anteriore della
stele, in alto sono raffigurate 2 teste umane con corna di toro
rappresentazione della dea Hathor; tra le due teste, all’interno di un
cartiglio, è scritto il nome di Narmer in caratteri geroglifici: un pesce gatto
(NAR) accostato a una mazza (MER).
Nel registro centrale è raffigurato Narmer,
che indossa la corona bianca a tiara dell'Alto
Egitto e porta, attaccata alla
cintura una coda di toro, simbolo di virilità e di potere sugli animali,
richiamo all'epoca preistorica ed all'allevamento del bestiame Il faraone
afferra con la mano sinistra i capelli di un nemico in ginocchio, mentre, con
l'altra mano, regge una mazza con cui sta per assestare il colpo di grazia
(posa che verrà riprodotta molte volte dai faraoni che si succedettero. Ha
spesso un valore simbolico, ma può anche rappresentare una vittoria militare);
a sinistra in basso, dietro al re è ritratto un portatore di sandali che
annuncia la figura del visir, il più alto funzionario statale dell’Antico
Egitto, dopo il faraone; A destra il falco Horus (simbolo
sia del re sia dell'Alto
Egitto) trattiene tra gli artigli
una fune cui è legata la testa di un prigioniero che ha accanto 6 papiri, simbolo del Basso
Egitto; in fondo 2 nemici morti,
forse rappresentano città conquistate.
Il registro superiore è identico al registro
superiore dell’altra faccia della tavoletta; nel secondo registro Narmer
indossa la corona rossa a modio del Basso
Egitto; è seguito dal visir e
preceduto da uno scriba davanti al quale ci sono i portabandiera con sulla
sommità dei pali i vessilli a rappresentare le diverse regioni e pavoncelle
legate per il collo ad evidenziare la sottomissione al nuovo sovrano dei popoli
rappresentati da 2 file di nemici decapitati; sotto 2 leonesse con lunghi colli
attorcigliati, simbolo dell'unione delle 2 Terre, tenute da 2 inservienti; nel
registri più basso il faraone, raffigurato come un toro possente, irrompe su
una piazzaforte calpestando il corpo di un nemico.
Le corone regali
Le corone, simbolo
della regalità, erano 3:
Pechent doppia composta dall'unione delle 2
precedenti, che simboleggiava il regno unificato.
 |
due dee, rappresentanti Alto e Basso Egitto pongono sul capo del faraone la pechent |
ANTICO
REGNO (3100-2200)
Narmer unifica i due regni del Basso e Alto Egitto-
La capitale, inizialmente posta a Tinis nell’Alto Egitto, viene in
seguito spostata a Menfi, detta “la bilancia delle due terre” per la
sua posizione di confine tra la zona del Delta e quella della Valle.
Fin dalle prime dinastie il faraone
si configura come dio in terra, con
la precisa funzione di conservare maat, l’ordine cosmico,
l’equilibrio e la giustizia che
garantiscono la prosperità dello Stato che da lui dipende. Questo giustifica l’enorme accentramento di
poteri nelle mani del re tipico della civiltà antico egiziana.
Simbolo della straordinaria autorità del
faraone sono le tombe monumentali dei re dell’Antico Regno, in particolare
quelle della IV dinastia (Chefren, Cheope, Micerino).
1° PERIODO INTERMEDIO (2.200-2.100)
Durante questo periodo il potere
imperiale si frantuma. Nell’Alto Egitto
sorge una potentissima nobiltà provinciale; le terre che erano state a lungo di
proprietà esclusivamente regale vengono frazionate; sempre più larghi privilegi
vengono concessi ai templi e ai sacerdoti;
il tesoro reale si impoverisce.
Si arriva a un periodo turbolento, in realtà
scarsamente documentato dalle fonti. Tutto il Paese piomba nel disordine. Un testo dell’epoca, Le lamentazioni di Ipu Ur dà un quadro fosco delle condizioni
del paese in questo momento in cui tribù di nomadi si sono infiltrate nel Delta
e, ovunque in Egitto, si hanno lotte fratricide, rivolte sociali, saccheggi,
miseria:
"Davvero i capelli sono
caduti a tutti. Il figlio di un uomo nobile non è più distinguibile da chi non
lo è . (…)
Ecco vedete... la
terra è piena di banditi, l'uomo si reca ad arare con il suo scudo , il povero
è divenuto ricco, il cuore degli schiavi esulta, la terra è piena di lordura e
non si vedono più vesti bianche … i morti sono gettati nel fiume e il Nilo è la
loro sepoltura..
Ecco
vedete! I nobili si lamentano , i poveri sono in festa.. il paese gira come il
tornio del vasaio, i cuori sono pieni di violenza.. la pestilenza infuria e non
si vede altro che sangue e morti.. manca l'oro e mancano i prodotti per i
funerali, coloro che avevano delle tombe giacciono ora nel deserto.
Grandi e
piccoli dicono: “Vorrei esser morto!” e i piccoli bimbi dicono: “Non mi
avessero mai messo al mondo!”
Davvero il deserto è nel Paese, gli stranieri sono venuti in Egitto da fuori.
I forti del paese
ignorano tutto delle condizioni del popolo ..più nessun funzionario è al suo
posto .. e si va verso la rovina".
"Guardate...molti morti
sono gettati nel fiume, la corrente è una tomba.... Guardate chi era stato
sepolto come falco divino (il faraone) è ora su una barella e quello che la piramide nascondeva è
ormai vuoto..."
Si mangia erba e ci
si abbevera d’acqua e non si trovano né grani né erbaggi da uccelli.
Le donne sono
diventate sterili.. l'uomo guarda il figlio come un nemico.. i campi non danno
più grano, il bestiame muore di malattia oppure è razziato, l'acqua del fiume è
sangue...
Un lottatore dovrebbe apparire e cacciare in
mali che i ribelli hanno causato perché non c’era un pilota. Dov’è oggi? Forse
che dorme? Ecco, non se ne vede l’opera.
MEDIO REGNO (2100-1750)
Dalle lotte tra piccoli regni
emergono i principi di Tebe che, sottomettendo i piccoli regni locali in
cui si era frammentato l’Egitto, riescono a riaffermare l’unità nazionale. Tebe, nell’Alto Egitto, è la nuova capitale. Ha
inizio uno dei periodi più floridi della storia egiziana.
L’influenza culturale e
commerciale egiziane si espande in Asia e a sud, verso la Nubia. Il confine del
Paese viene spostato a sud, all’altezza della 2° cateratta.
2° PERIODO INTERMEDIO (1750-1570)
Dopo lungo periodo di
infiltrazione lenta e costante il Delta e anche l’antica capitale Menfi cadono
nelle mani degli HYKSOS ( così chiamati dal termine egiziano heqa – khashut à principi dei paesi stranieri); si trattava di miscuglio di genti asiatiche, in prevalenza
semiti.
Essi sottomisero gran parte
dell’Egitto, in modo probabilmente non oppressivo. Assimilatrono la cultura
egiziana e fecero largo uso di funzionari egiziani per l’amministrazione dello
Stato.
Certamente gli hyksos portarono
in Egitto l’innovazione militare del carro da guerra trainato da cavalli, fino
ad allora sconosciuto nel Paese.
Gli Hyksos vennero scacciati dal
Paese per iniziativa di due sovrani tebani Kamose
e, in seguito, Tutmosi
Con Tutmosi si apre il NUOVO REGNO (1570-1070)
L’Egitto è di nuovo riunito e
unificato. Ha inizio anche una spinta espansionistica che porta alla conquista
militare della Nubia, della Palestina e della Siria. Sotto il faraone Tutmosi
III i territori sottomessi dall’Egitto giungono fino all’Eufrate. Tebe torna ad
essere la capitale e il suo dio, Amon Ra
è il protettore della dinastia reale e dello Stato.
L’Egitto diventa il Paese più
ricco del mondo, ma l’oro che arrivava dalla Nubia e dall’Asia, andava in gran
parte ad arricchire, in particolare quello di Amon-Ra a Tebe. I sacerdoti
diventano estremamente potenti, tanto da entrare in conflitto con il faraone.
Lo scontro diventa particolarmente aspro, nel XIV sec. a.C., sotto il regno di Amenhotep IV:i templi
vengono chiusi e i sacerdoti, in particolare quelli di Amon, perseguitati.
Anche la capitale viene spostata da Tebe
a una nuova città Akhetaton,
consacrata dal faraone al dio di una
nuova religione monoteistica: Aton,
il disco solare. Il faraone, che cambiò il suo nome in Akhenaton (“gradito ad Aton”) cercò di cancellare i culti di tutte
le altre divinità, ma il suo tentativo, oltre ad essere osteggiato dai
sacerdoti, che si vedevano privati dei propri privilegi, non fu accettato dal
popolo, che rimase attaccato alle vecchie tradizioni religiose.
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Akhenaton e la moglie Nefertiti in adoraziione del dio solare Aton |
Alla morte di Akhenaton, nel 1336
a.C., gli succede, a soli 10 anni, il
figlio Tutankhamon. La nobiltà e il
clero riuscirono a ripristinare i vecchi culti politeisti.
Un’altra figura di grande
importanza del Nuovo Regno è il faraone Ramesse II (1298-35), protagonista
dello scontro con gli Hittiti per il predominio sulla Siria, il cui episodio
culminante fu la battaglia di Qadesh.
L’ultimo grande faraone del Nuovo
Regno fu Ramesse III che dovette
fronteggiare gli attacchi portati dai “popoli del mare” attorno al 1200.
Ramesse riuscì a sconfiggere gli invasori e le sue imprese militari sono celebrate
nelle scene scolpite sul suo monumento funerario. Dopo di lui però l’Egitto non
riuscì più a conservare le sue conquiste in Asia.
Si entra in una fase di decadenza
in cui l’unità del regno nuovamente si sfascia. Quello che va dal 1070 al 31
a.C. è noto come periodo della decadenza.
Ripetutamente l’Egitto cade sotto dominazione straniera: degli assiri nel VII
sec., dei persiani nel V, dei macedoni di Alessandro Magno nel IV, fino a
quando, nel 31 a.C. diventa una provincia romana.
SOCIETA’ DIRITTO ECONOMIA
La parola faraone deriva dalla Bibbia ed è traduzione dell’egiziano per
–aa (grande casa) con la quale
si indicava il palazzo del re e, successivamente, il suo abitante.
Il faraone è considerato dio in
terra e signore di tutto il paese. Nel mito il faraone è discendente di
Horus –Horo, figlio ed erede legittimo del dio Osiri, vittorioso
sull’usurpatore e fratricida Seth, dio del disordine, del deserto e delle tempeste,
in età tarda considerato l’incarnazione del male. Il faraone rappresenta quindi
la vittoria del bene sul male, della legittimità sull’usurpazione,
dell’obbedienza sulla ribellione; è colui che applica maat, la giustizia sulla
Terra, l’equilibrio della creazione.
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il dio Horus |
I sacerdoti: la
casta sacerdotale era particolarmente ricca e influente. In una società in cui
il faraone era considerato una divinità, i sacerdoti si collocano, per potere e
prestigio, al secondo posto. I sacerdoti erano numerosi e organizzati
gerarchicamente. Si dovevano occupare della celebrazione delle funzioni
religiose e dei riti dovuti agli dei, seguendo precise regole e un preciso
calendario. Solo in questo modo le divinità avrebbero garantito la loro
benevolenza e la protezione de Paese.
Il sacerdote doveva seguire precise regole di comportamento
(per esempio si dovevano rasare tutto il corpo, non potevano assumere
determinati alimenti come le verdure verdi e i pesci d’acqua salata…);
indossavano, come segno distintivo, una pelle di pantera.
Il tempio non era solo un luogo di culto, ma anche un centro
amministrativo, economico e culturale. Solo ai sacerdoti era concesso di
accedere alla arte più interna del tempio, il sacello, dove era conservata la statua sacra della divinità alla quale,
dopo aver compiuto dei rituali di purificazione, venivano offerti dono
alimentari.
Si sa che i sacerdoti rivestivano anche il ruolo di medici ed esorcisti.
Il ruolo dei sacerdoti in ambiti così importanti della vita
sociale (religione, cultura, economia, medicina) rese notevole il loro potere,
al punto che, in alcuni momenti, arrivò a condizionare e minacciare quello
dello stesso faraone.
Il visir. Per amministrare lo Stato il faraone ricorre a un alto
numero di funzionari. Il più importante è il visir (termine turco moderno con il quale si indica una sorta di primo
ministro). In origine ce n’è per tutto il Paese; durante il Nuovo Regno ce ne sarà uno per l’Alto e uno per il Basso
Egitto. Il visir è una sorta di superministro del Tesoro, degli Interni, della Guerra,
dell’Agricoltura e della Giustizia.
Una fitta burocrazia assicurava
le entrate fiscali al regno. Esisteva un sistema di tassazione per terre
e oro: i cittadini erano tassati secondo le rendite(i guadagni
economici) e secondo le terre che
possedevano. Per svolgere questo compito esisteva un ufficio catasto.
In più i cittadini erano tenuti a
compiere lavori di interesse pubblico (per esempio la realizzazione e la
manutenzione di opere di canalizzazione)
Le altre classi sociali
Antico Regno: le cariche
di funzionario non sono ereditarie e
per accedervi non è necessario provenire da una precisa classe sociale. Non ci
sono separazioni giuridiche tra ricchi e poveri. Si è uguali davanti alla
legge.
Oltre a funzionari e clero, la massa della popolazione è
costituita dai contadini che lavorano per i privati, per il re o per i templi con contratto di lavoro registrato
in un ufficio statale. Nel contratto si definivano esattamente prestazione di
lavoro, gli obblighi del lavoratore e quelli del datore di lavoro. Non attenersi alle condizioni fissate significava essere citati nei tribunali
locali.
Operai dello Stato lavoravano
nelle cave e nelle miniere.
Esisteva una classe
artigiana, soprattutto urbana, costituita da falegnami, vasai, fornai, muratori... e una classe di commercianti e, soprattutto nel Delta, di marinai
dediti al commercio marittimo
soprattutto verso Creta, Cipro, il Libano.
Nel NR l’esercito è formato da professionisti ai quali si
aggiungono giovani in servizio di leva e un gran numero di mercenari stranieri.
Il reparto dei carri da guerra (introdotto in Egitto dagli Hyksos) era
riservato ai giovani di famiglia ricca. La marina formata da marinai del Delta.
La classe più bassa era composta da persone che
appartenevano al re, ai templi e ai privati. Si tratta dei servi (non è corretto definirli schiavi, in quanto potevano
possedere beni propri, avere famiglia, conservano una certa possibilità di
contrattare le condizioni di lavoro, sono cittadini a tutti gli effetti). Gli
uomini di questa classe erano per lo più addetti al lavoro dei campi, le donne
alla cura della casa.
Fine dell’ Antico Regno: si formano le prime significative
differenze tra classi sociali: le cariche di funzionario e certi gradi di
nobiltà legati a cariche più alte divengono ereditari. Nasce una classe di
nobili, il cui tenore di vita si fa più lussuoso, grazie all’ottenimento di
ampi privilegi, come l’esenzione dalle tasse. Anche le cariche sacerdotali
divengono ereditarie e i templi ottengono l’ immunità fiscale. Si forma una potente oligarchia locale,
mentre il potere centrale si indebolisce sempre di più.
Le classi subalterne ricorrono alla rivolta contro privilegi
delle classi privilegiate. Si precipita nel periodo di disordini politici e
sociali descritto dalle Lamentazioni di
Ipu-Ur.
Dopo il 1° periodo intermedio i faraoni riescono a neutralizzare
nobiltà e suoi privilegi. Si ritorna verso una condizione di maggiore uguaglianza
dei diritti.
La classe più svantaggiata continua ad essere quella dei
servi (tra cui numerosi prigionieri di guerra), ma si nota la tendenza che essi
hanno ad integrarsi con i liberi ( si hanno casi di nozze tra servi e
uomini/donne di altre classi sociali).
Nuovo Regno: si assiste ad una più accentuata tendenza
all’egualitarismo (formalmente i cittadini sono uguali davanti alla legge).
Vengono eliminati i residui privilegi fiscali dei templi; i funzionari vengono scelti
da ogni ceto sociale; i titoli di nobiltà concessi dal faraone non sono
ereditari. La carica del visir viene sdoppiata. Ci sarà un visir dell’Alto
Egitto e uno del Basso Egitto.
Con la crisi alla fine del Nuovo regno si indebolisce nuovamente il potere centrale,
si riscontra un alto livello di corruzione tra i funzionari; i templi, già
ricchi, ottengono ancora l’esenzione fiscale; lo Stato, impoverito, non è in grado di pagare il salario agli
operai. Durante il regno di Ramesse III, le fonti ci tramandano il ricordo di
una serie di scioperi degli operai della necropoli di Tebe.
Periodo della decadenza: le classi sociali diventano più
rigide; templi sempre più potenti e
dotati di privilegi e immunità assorbono le piccole proprietà private; la
condizione dei lavoratori, soprattutto agricoli, è miserabile. Un contadino è
spesso esposto a diventare schiavo del creditore (che in genere è il tempio) al
quale aveva chiesto prestiti, arrivando a pagare interessi altissimi (fino al
120%).
LA GIUSTIZIA
Nell’AE il sistema giudiziario dipendeva dal faraone, che
era il depositario di MAAT e giudice supremo. Non ci sono arrivate
raccolte di leggi, ma certo esistevano fin dall’AR, come testimoniano le Lamentazioni
di Ipu-ur:
Davvero le leggi del
tribunale sono gettate fuori si cammina
sopra di loro nelle piazze / i miserabili le fanno a pezzi nelle strade. /
Davvero si entra e si esce dal Grande Tribunale, / i miserabili vanno e vengono
dalle Grandi Dimore.
Si hanno e testimonianze
delle leggi e delle riforme stabilite anche attraverso gli storici greci come
Diodoro Siculo. Le leggi erano a disposizione del visir nel suo ufficio. Il visir, dopo il faraone, era la suprema
autorità giudiziaria e il tribunale da lui presieduto era quello di grado più
elevato.
Nell’AR esistevano sei tribunali chiamati Grandi Dimore. I giudici che
assistevano il visir formavano il Consiglio
dei Trenta. Nel NR i due visir presiedevano ciascuno una grande corte di
giustizia: una a Tebe, l’altra a Eliopoli.
C’erano anche dei tribunali locali, formati da notabili
cittadini e presieduti da un rappresentante del faraone. I tribunali locali
potevano giudicare solo in materia penale o di contestazioni di proprietà. In
tutti gli altri casi erano competenti i tribunali presieduti dal visir, sulla
base di richiesta scritta di chi riteneva di aver subito un torto.
Tra le pene inflitte dai tribunali la più grave era quella
di morte. Veniva comminata solo in
caso di colpe gravissime (come la congiura ai danni del faraone). A personaggi
di rango elevatissimo si concedeva, come “privilegio”, di darsi la morte da
soli. La pena di morte anche era riservata anche ai giudici che si erano fatti
corrompere nella loro funzione.
Ai funzionari disonesti era riservato il taglio del naso e delle orecchie.
La bastonatura:
era la pena più frequente. Si poteva arrivare fino a 100 colpi (per es. nel caso di militari che compiono azioni
abusive nei confronti della popolazione).
Nel caso di furto al
posto della pena corporale poteva essere imposta la restituzione del valore
delle cose rubate per una cifra anche più che triplicata.
Esistevano anche la deportazione e il lavoro forzato.
Esisteva una giustizia
oracolare: ci si rivolgeva,
attraverso particolari rituali, all’immagine degli dei per scoprire il
responsabili di un reato.
Il senso di giustizia è ritenuto estremamente importante
nella morale egiziana. Nel libro dei
morti il defunto confessa davanti
agli dei di “non aver compiuto iniquità
invece di giustizia” , “di non essersi accanito sul povero “, “di non aver
falsato i pesi della bilancia”.
Giustizia era considerata come “diga per il misero che deve evitar che si anneghi”.
SOCIETA'
Il matrimonio era monogamico, anche se
era concesso all’uomo vivere con una o più concubine nel caso la moglie non avesse dato figli. Non era necessario un rito
religioso o civile. Bastava consenso dei due sposi a vivere insieme – o,
talvolta, l’ accordo tra futuro marito e il padre della sposa. La sposa
conserva la proprietà e la disponibilità dei suoi beni. Può disporre dell’
eredità a suo piacimento, anche diseredando uno dei figli (esiste un documento in cui una donna disereda alcuni
suoi figli per averla trascurata in vecchiaia).
Il divorzio era possibile e frequente. La causa principale
era l’adulterio. Se la moglie veniva ripudiata senza colpa aveva diritto a un
terzo dei beni del marito. Perdeva ogni diritto se, invece, abbandonava il
tetto coniugale di sua volontà o avendo commesso adulterio.
I figli erano
molto desiderati. In caso di mancanza di figli naturali era frequente
l’adozione “E’ felice un uomo la cui famiglia è numerosa: è onorato in
proporzione ai suoi figli”.
ECONOMIA
La base era l’agricoltura legata alla piena stagionale del
Nilo. I prodotti essenziali erano grano
e orzo.
Quando l’inondazione era insufficiente si poteva verificare
una carestia, caso frequente soprattutto nei periodi di disordine politico,
quando il sistema di canalizzazione veniva trascurato dal governo indebolito.
Normalmente però lo Stato aveva riserve di cereali sufficienti per nutrire la
popolazione fino al successivo raccolto. Sappiamo che durante il NR, in caso di
necessità, fu importato grano dalla Siria.
Altro prodotto tipico dell’agricoltura egiziana era il lino, coltivato fin dalla preistoria.
Importanti erano gli alberi da frutto, in particolare fichi e datteri.
L’Egitto povero di legname, che
importava principalmente dal Libano.
Il più comune mezzo d trasporto era la barca per mezzo della
quale si sfruttava la comoda via fluviale del Nilo. Il cavallo (conosciuto dal
periodo della dominazione degli hyksos) era
limitato all’uso bellico. Come mezzo d trasporto su terra veniva usato, semmai, l’asino.
Il nutrimento principale era il pane. La carne era bovina, ovina o suina (ma quest’ultima era tabù
per i sacerdoti). Nell’AR si allevavano e mangiavano anche le iene. Molto consumati
erano i volatili ei pesci. Si mangiavano
molte verdure, legumi e frutta (fichi e datteri in special modo). Si
dolcificava con miele o con il succo di datteri. Era sconosciuto lo
zucchero. Il sale proveniva dal deserto
libico e si usava principalmente per conservare i pesci. Dal deserto libico giungeva anche il natron
usato per la mummificazione.
La bevande più utilizzata, oltre all’acqua e ai succhi d
frutta, era la birra (pane e birra sono anche le offerte base per i defunti). Il vino era
meno diffuso e più costoso (si trovavano vigneti nel Delta e nelle oasi della
Nubia).
"Mangiano pane, e pecisamente, pani confezionati con segala, che chiamano 'cillesti'. Fanno uso di vino distillato dall'orzo, poichè non ci sono viti nel loro Paese. Si cibano di pesci, mangiandone alcuni crudi, dopo averli seccati al sole, altri conservati in salamoia; fra gli uccelli, essi mangiano crudi le quaglie, le anitre e altri uccelli minuti che hanno salato in precedenza. Tutti gli altri uccelli e pesci che si trovano nel loro paese, eccetto quelli che sono indicati come sacri, tutti vengono mangiati arrostiti o lessati.
Durante i banchetti dei ricchi Egiziani, quando i convitati si levano da tavola, c'è uno che porta in giro, raffigurata in legno, una mummia nella sua bara, imitata a perfezione, alta in tutto uno o due cubiti e, mostrandola a ciascuno dei convitati, dice: 'Guardando questa, bevi e sta' allegro; poichè, dopo morto, sarai così anche tu'.
Questo essi fanno durante i banchetti."
Così lo storico greco
Erodoto (484 a.C. - 425
a.C.) descrisse le abitudini alimentari degli Egiziani. Erodoto è famoso per aver descritto paesi e persone da lui conosciute in numerosi viaggi. In particolare ha scritto a riguardo dell'invasione persiana in Grecia nell'opera Storie.
Per gli egiziani la divinità era presente in tutti
gli aspetti della vita: nella natura, nella società, nella storia.
Il pantheon dell’Antico Egitto è assai complesso e
frutto di una lunghissima evoluzione. Alcuni dei rappresentano strettamente un
elemento naturale e, spesso, ne portano il nome:
RA è il sole,
NUN
l’acqua,
NUT il cielo,
GEB
la terra.
 |
Shu, il vuoto, separa Geb, la terra, da Nut, il cielo |
Altre divinità invece
rappresentano le città o le province in
cui principalmente erano venerati: protettrice dell’Alto Egitto è la dea
NEKHBET sotto forma di avvoltoio
bianco, mentre nel Basso Egitto riveste lo stesso ruolo la dea-cobra
UTO. Anche le capitali avevano divinità
particolarmente venerate: a Menfi
PTAH, patrono
degli artigiani, sposo della dea-leonessa
SEKHMET
e padre del dio-fiore
NEFERTUM;
a Tebe emergerà invece una delle figure divine più venerate in Egitto, il dio
AMON. Nel Delta orientale, aperto
all’influenza asiatica si affermano divinità di origine straniera. La più
importante è
SETH, dio del
disordine. E molte altre se ne potrebbero citare.
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Seth |
Ci sono divinità strettamente connesse con la morte
e il mondo dell’Aldilà:
ANUBI, il
dio dalla testa di sciacallo a cui si attribuisce l’invenzione della pratica
della mummificazione; la dea “
OCCIDENTE”
(la regione dove, tramontando, muore il Sole e dove, quindi, si seppelliscono i
morti); e soprattutto
OSIRI,
divinità che incarna molte funzioni (sovrano, salvatore, dio cosmico, etc.) ma
che soprattutto è il principale patrono dei morti e della loro sopravvivenza
dopo la morte.
Nella religiosità egiziana era anche molto diffuso
il culto per particolari oggetti, piante e animali.
La
zoolatria
(culto per gli religioso per gli animali)
era assai diffusa. Ad esempio a
Menfi
era venerato il toro
API, consacrato
al dio Ptah. Attraverso precisi criteri un toro veniva scelto come sua
incarnazione e tutta la vita di questi animali era scandita da particolari riti
religiosi per concludersi con funerali degni di un re. Animali sacri esistevano
in tutti i templi e si sono scoperti immensi cimiteri dove sono stati rinvenuti
i loro corpi imbalsamati.
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devoto in adorazione del toro Api |
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mummie di animali |
La diffusione della zoolatria non va confusa con un
altro elemento assai tipico della religione egiziana: il fatto che la maggior
parte degli dei appaia dotata di teste
animali (HORO con la testa di falco, THOT con la testa di ibis, SEKHMET con la
testa di leonessa, HATOR con quella di mucca…). In questo caso la funzione
dell’elemento animale serve a descrivere le qualità della divinità attraverso
il paragone con l’essere rappresentato: ANUBI è il dio dei cimiteri come lo
sciacallo, HORO è il sovrano del cielo, come un falco, la
sfinge che
rappresenta
il sovrano, “dice” che lui è come un leone, re degli animali. E così come, nella
concezione religiosa egiziana, negli animali sacri trovava corpo un dio, nel
corpo dei faraoni si manifestava sempre lo stesso dio della regalità, che è
HORO, ed come se fosse il dio stesso a
sedere sul trono. Da qui la funzione del faraone che, oltre che sovrano è il
supremo sacerdote e il responsabile dell’attuazione dell’ordine cosmico:
MAAT.
IL MITO DI
OSIRI, ISI, SETH E HORO
Secondo uno dei più celebri miti dell’Antico
Egitto, Osiri è lo sposo di Isi e viene ucciso dal fratello Seth che vuole usurparne
il trono e che, dopo l’assassinio ne smembra il corpo e ne sparge i pezzi per
tutto l’Egitto. La sposa Isi pezzo dopo pezzo ricompone il corpo del marito, si
unisce a lui e ne ottiene un figlio, Horo, il legittimo erede al trono del
padre. Osiri infatti non è più di questo
mondo e regnerà sull’Aldilà. Horo dovrà infine scacciare dal trono lo zio
usurpatore Seth per vendicare (ma i testi egiziani dicono “curare”) il padre.
IL TEMPIO
Nell’edificio templare si
distinguono nettamente la parte riservata al dio da una parte accessibile al
pubblico. Vi si trovano anche una serie di magazzini e gli alloggi dei
sacerdoti, il tutto circondato da un recinto che separa il tempio dallo spazio
esterno.
Solo i sacerdoti hanno accesso al
sacrario (la parte in cui è conservata l’immagine del dio), mentre per il resto
della popolazione sono previsti diversi livelli di avvicinamento, a seconda che
il culto sia più o meno aperto al pubblico.
Il tempio non è solo
un’istituzione religiosa, ma anche economica (possiede terre e assume addetti
che le lavorano o svolgono altre attività produttive).
Il tempio ha al suo servizio
numerosi addetti: le abitazioni di un villaggio connesso al culto delle tombe
reali e di altri templi ha restituito papiri medici, matematici e veterinari.
La maggior parte dei papiri riguarda però il personale strettamente
sacerdotale. Sappiamo che il personale del tempio è organizzato in una
gerarchia che va dal portinaio al sommo sacerdote e che essenzialmente si
divide in due “classi”: i puri (wab) che sono tutti quelli che possono
enrare nel tempio e i servi del dio che
sono gli specialisti addetti al culto, che possono toccare l’immagine del dio
nel corso delle operazioni rutuali quotidiane (che sono le cure che si
darebbero a un essere umano: lavaggio, offerta di cibo e bevande…).
L’incarico spesso si tramanda di
padre in figlio, anche se l’eredità deve essere confermata dal faraone che può
riservarsi di nominare i sacerdoti anche fuori da questo schema.
In realtà l’unico vero celebrante
è considerato il faraone, il quale non fa altro che delegare la sua funzione a
degli specialisti del rituale, dei tecnici del culto.
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il tempio di Abu Simbel, sul corso del Nilo |
LE PRINCIPALI DIVINITA’ EGIZIE
AMON: il suo nome significa “il nascosto”, è il re degli dei,
signore del mondo terreno e di quello celeste.
ANUBI: dio dalla testa di sciacallo. Accompagna i defunti
nell’Aldilà ed è legato ai rituali della mummificazione.
HATOR: dea della gioa,
dell’amore e dell’ebrezza. E’ rappresentata con orecchie e corna di vacca.
HORO: dio dalla testa di falco. Vendicatore del padre, simbolo
della potenza vincitrice e perciò associato alla figura del faraone.
ISI/ISIDE: rappresenta il potere reale in quanto moglie di Osiri e
madre di Horo. Molto popolare anche oltre l’Egitto (sarà molto venerata ance
nell’impero romano) assume anche il ruolo di protettrice dotata di ampi poteri
magici.
KHEPRI: dio dalla testa di scarabeo. Governa il rinnovamento
ciclico della natura e la rinascita quotidiana del sole.
MAAT: personifica i principi di ordine, regolarità e giustizia. Sposa
(a volte è rappresentata come figlia) del dio Ra
OSIRI: dio della morte e della rinascita. Giudice ultraterreno
degli uomini, ne decide il destino nell’oltretomba. E’ rappresentato a forma di
mummia con i simboli del potere faraonico: lo scettro e il flagello.
PTAH: dio della conoscenza e del sapere, è il protettore di artisti
e artigiani. E’ rappresentato a forma di mummia, con il capo rasato e uno
scettro in mano.
RA: dio del sole. Rappresentato con un disco solare sul capo o
anche con la testa a forma di falco. Ha un rapporto privilegiato con il faraone
che a volte porta il titolo di “figlio di Ra”.
SETH: dio del disordine, delle tempeste e del deserto. Appare sotto
forma di un animale difficilmente identificabile. Assassino del fratello Osiri.
In epoca tarda diviene la personificazione del male.
I CULTI FUNERARI
Gli egiziani credevano nella continuazione della
vita nell’Aldilà. Era necessario, però, che il nome del defunto continuasse ad
esistere (da qui l’origine delle iscrizioni nelle tombe), che il corpo
rimanesse intatto (la mummificazione) e che non gli mancassero cibo e bevande
(a cui si provvedeva tramite il culto funerario e le formule magiche che si
aveva cura di scrivere per il defunto).
I primi testi funerari, risalenti all’AR (i cosiddetti
Testi
delle piramidi) raccontano che solo il faraone aveva diritto di
raggiungere gli dei nel cielo. Nel 1°INTERMEDIO i Testi dei sarcofagi ci dicono che i paradisi ultraterreni sono,
nelle credenze di quest’epoca, aperti anche ai nobili (come i governatori delle
province). Successivamente ogni defunto in grado di farsi costruire una tomba e
far conservare il suo corpo “guadagna” questo diritto all’aldilà.
Nelle tombe e nei sarcofagi, a partire dal NR si
trovano dei testi, noti come
LIBRO DEI MORTI. Con questo termine
si intendono una serie di testi funerari, formule magiche, preghiere intese
come guida per il defunto nel suo viaggio dopo la morte. La conoscenza delle
formule era considerata essenziale affinchè il defunto potesse allontanare da
sé le forze malvagie che ostacolavano il suo cammino. Era indispensabile anche
nel momento del giudizio di fronte al tribunale del dio degli inferi, Osiri .
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La pesatura del cuore |
Si tratta
del rituale della PSICOSTASIA. Il
defunto si presentava di fronte a Osiri, il Giudice supremo, e a 42 giudici,
simbolo dei peccati. Ognuno di questi giudici veniva chiamato per nome e
bisognava negare di aver commesso il peccato che esso simboleggiava: era la confessione negativa.
Non ho
compiuto iniquità contro gli uomini / Non ho maltrattato il bestiame / Non ho
sopportato di vedere il male / Non mi sono accanito contro il povero / Non ho
danneggiato il servo presso il suo padrone / Non ho rubato le focacce dei
defunti / Non ho falsato il peso della bilancia / Non ho privato il gregge
della sua erba….
Questo tribunale, che il defunto raggiungeva grazie
alla guida di ANUBI, giudicava i morti pesandone il cuore. Al centro della
“Sala della Verità” si trovava una bilancia con due piatti sulla quale avveniva
la psicostasia (pesatura
dell’anima): nel primo piatto c’era una piuma, simbolo di MAAT; nel secondo
c’era il cuore del defunto. Gli egizi pensavano che il cuore, sede del pensiero, della bontà e del sentimento, se privo di
peccati fosse più leggero di una piuma. Pesandolo il tribunale sarebbe stato in
grado di giudicare il defunto.
La pesatura era effettuata dal dio THOT, che aveva
il compito d registrare l verdetto: se i due pesi si equivalevano, l defunto
avrebbe avuto diritto ad accedere all’Aldilà, ma se il cuore pesava più dela
piuma, questo sarebbe stato sbranato dalla Grande
Divoratrice, un animale mitologico, metà coccodrillo e metà ippopotamo.: In
tal caso l’uomo avrebbe subito la
seconda morte, dalla quale non avrebbe potuto fare ritorno.
Nel Libro de
Morti viene anche riportata una formula magica che, incisa su uno scarabeo
di pietra posto sul cuore del defunto, serviva a indurre il cuore a
testimoniare a favore del defunto:
“Mio cuore di
mia madre, mio cuore di mia madre, non testimoniare contro di me, non levarti
come testimone contro di me, non volgerti contro di me davanti al tribunale.
Non fare inclinare il piatto della bilancia.”
Se la psicostasia aveva
successo, il defunto ha accesso a un
mondo tutto sommato non molto dissimile da quello che si è appena lasciato. Per
questo motivo le tombe erano fornite di oggetti, mobili e tutto il necessario
per la vita quotidiana. Se l’individuo, in vita disponeva di una servitù, anche
nella vita ultraterrena, si pensava, ne aveva diritto: rispondono a questa
esigenza le
ushabti, statuine che, animandosi nella vita ultraterrena,
avrebbero dispensato il defunto dalla fatica di eventuali lavori a cui avrebbe
potuto essere sottoposto. Le
ushabti rappresentano
figure maschili con attributi di lavoro (zappa, aratro, macina, tornio…).
Spesso sono accompagnate da iscrizioni, la cui declamazione serviva per dar
loro vita e svolgere il lavoro al posto del defunto.
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ushabti |